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Roverè Veronese

La scritta del Ventennio? «Monito per non dimenticare»

di Marta Bicego
Il proprietario dello stabile e autore della ristrutturazione spiega il recupero del celebre motto del fascismo
La piastra di acciaio con la precisazione che sarà installata sul muro della casa ristrutturata
La piastra di acciaio con la precisazione che sarà installata sul muro della casa ristrutturata
La piastra di acciaio con la precisazione che sarà installata sul muro della casa ristrutturata
La piastra di acciaio con la precisazione che sarà installata sul muro della casa ristrutturata

«Per non dimenticare la Storia e quello che eravamo. Per non ricadere negli errori del passato». È pronta per essere appesa alla parete la targa che, nella resistenza dell’acciaio, fissa il ragionamento alla base della scelta di restaurare la scritta originale degli anni Trenta, «Credere, obbedire, combattere», che campeggia a chiare lettere su un edificio storico in via Dante a Roverè.

Nostalgia o monito?

Roverè, paese di nostalgici? Rifiuta qualsiasi riferimento politico il professionista che ha ultimato la sistemazione dell’immobile, di proprietà della sua famiglia dagli anni Sessanta. Anzi, è preoccupato per come alcune persone stanno strumentalizzando la scelta a lungo meditata di far prevalere il valore storico.

Un passo indietro. Lo slogan è lì da quasi un secolo, come i più anziani del luogo ricordano ed è evidente in alcune foto d’antan. «Era uno dei motti fascisti più in uso» e, non a caso, doveva essere scritto a grandi lettere sui muri più in vista, oltre che nei libri di scuola. Sottolinea che all’epoca il proprietario non poteva opporsi alla decisione: se era stata indicata quella facciata perché ben visibile a tutti, lì dovevano spiccare la scritta. A quotidiano monito.

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Così è stato per decenni: «Fino agli anni Ottanta, quando la frase è stata intonacata e nascosta alla vista ma, con la ristrutturazione dell’edificio, è riemersa».

I lavori hanno fatto emergere in prossimità di uno stipite anche un’altra insegna, quella di «Barbier», decisamente meno problematica di quella di mussoliniana memoria. Rimossi i ponteggi sono iniziati i commenti nella piazza reale e in quella virtuale; e segnalazioni cariche di sdegno sono giunte a che a L’Arena. 

Lo studio del ripristino

Prendendo una piega, osserva il proprietario, preoccupante: «Come se dalla Storia non avessimo imparato nulla». Da due anni, da quando ha avviato gli interventi al caseggiato che hanno cambiato aspetto alla piazza e portato nuove coppie a trasferirsi in paese, medita cosa fare. Ha letto libri, studiato esempi simili, recuperati sulla facciate di edifici dell’est veronese.

Ha interpellato cittadini e uno storico locale, che ha avvalorato la via della conservazione. Ha presentato il progetto in Comune: lo stabile, costruito tra fine Ottocento e inizio Novecento, è schedato. Nei documenti di ristrutturazione, il professionista rimarca l’intento: «Trattasi di restauro conservativo dello slogan ai soli fini di valenza storica. Oggi viviamo in uno Stato democratico e di libertà», continua, «ci sembra giusto riportare alla luce quella scritta, non certo per esaltare il fascismo ma per ricordare una storia che sembra lontana da noi. E, soprattutto, per non dimenticare quello che siamo stati».

Pro, contro e i bambini

Le voci si susseguono. C’è chi apprezza la valorizzazione del passato come occasione per riflettere; c’è chi critica, quasi fosse stata messa apposta ed esaltata. Poi c’è il gruppetto di bambini che, passando in bici, sono attirati da scritta e cartello. Lo leggono con più attenzione rispetto agli adulti e ripensano alla lezione in classe: «È vero», bisbigliano, «lo abbiamo studiato a scuola...».

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