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La posta della Olga

Lasciar crescere l’erba, città come savane

Sono sicura - scrive la Olga - che anche qui qualcuno sta pensando di fare come a Milano dove, per favorire la biodiversità, non si taglia più l’erba nei prati cittadini. La si lascia crescere fino a un metro e poi, semmai, le si dà una spuntatina per non dare l’idea di trascuratezza e di indolenza. Il prato rasato all’inglese o tagliato comunque troppo corto è erbicidio oltre che insetticidio. A margherite, campanule, papaveri e a un’infinità di altri fiori campestri viene impedito di crescere e sbocciare stroncando così la disseminazione spontanea e l’impollinazione. «Si, però ne l’erba alta i rati e le topinare i fa festa» dice il mio Gino. Gli rispondo che, appunto, il Comune di Milano vuole anche i ratti e le topinare che così trovano semi e radici di cui nutrirsi, e i bissi e i rospi. «E forse anca i léori - aggiunge mio marito - Devo dìrghelo al cassadór Folco del bareto che par ciapàr i léori el va distante, in Slovenia, mentre magari tra un poco el pol trovarli anca qua, al parco Lombroso o ai giardini della Bra». L’erba alta da savana africana favorisce l’umidità e mitiga il calore estivo, dicono quelli che se ne intendono, ci saranno più grilli e più zanzare. Ma le zanzare, assicura l’entomologo, se le mangeranno gli altri insetti e gli uccellini del prato. Resta da risolvere il problema dei ratti e delle topinare che passeranno da un prato all’altro attraversando strade e piazze. Qui da noi lo fanno già ed entrano anche nei negozi di via Mazzini terrorizzando commesse e clienti, ma se si vuole dar sfogo alla natura per contrastare il riscaldamento globale, bisogna accettare tutto e non schifare niente. E se qualche mamma prima o dopo smarrirà il proprio bambino, niente paura, lo troverà tra l’erba alta con l’aiuto dei pompieri. Quando in estate l’erba sarà secca per mancanza di pioggia e perché nessuno l’annaffierà, come sempre capita, basterà una cicca per mandare in fumo la biodiversità. Di vantaggioso il prato inglese ha solo che non brucia.

Silvino Gonzato

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