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polemica a roverè

Ristruttura la casa e riappare la scritta del Ventennio: «Slogan fascista». «No, recupero storico»

di Lorenza Costantino
Ma in paese c’è chi critica la scelta fatta da un privato: «Mettere in evidenza questo motto è di cattivo gusto»
In via Alighieri il motto originale fascista su una casa privata restaurato di recente e il cartello con la spiegazione dell’intervento FOTO PECORA
In via Alighieri il motto originale fascista su una casa privata restaurato di recente e il cartello con la spiegazione dell’intervento FOTO PECORA
In via Alighieri il motto originale fascista su una casa privata restaurato di recente e il cartello con la spiegazione dell’intervento FOTO PECORA
In via Alighieri il motto originale fascista su una casa privata restaurato di recente e il cartello con la spiegazione dell’intervento FOTO PECORA

Una grande scritta è apparsa - o meglio, riapparsa - sul fianco di una casa, con il celebre motto fascista in lettere nere: «Credere, obbedire, combattere». Una appariscente «novità» palesatasi in via Dante Alighieri a Roverè Veronese, a pochi passi dalla piazza del paese, sopra il muro di un antico fabbricato privato, di recente ristrutturazione.

La «scoperta» durante il restauro

Lo slogan originale degli anni Trenta, celato da decenni sotto all’intonaco tanto da venire dimenticato, è tornato alla luce durante i lavori di restauro. E la proprietà della casa, impegnandosi anche in un lavoro di ricerca storica, ha reso nuovamente leggibili quei caratteri, testimonianza della dittatura, con uno scopo preciso: ricordare e ammonire contro gli errori del passato.

Così è spiegato nella targa (ancora provvisoria) sistemata sotto il comandamento fascista. Ma le dichiarate buone intenzioni, evidentemente, non hanno lenito lo sconcerto di chi, alla riapparizione dei tre imperativi mussoliniani, ha invece recepito tutt’altro messaggio, ritenendo inopportuno e disturbante la loro riproposta.

Nell’immediato, al nostro giornale sono giunte segnalazioni cariche di sdegno; per esempio: «Non si tratta dell’insegna di una vecchia latteria; mettere in evidenza una scritta della dittatura è a dir poco di cattivo gusto. Roverè non è fascista».

Il sindaco: «Iniziativa privata, nessuna finalità politica»

Trattandosi di un fabbricato e di una iniziativa privata, l’amministrazione comunale non ha parte nella vicenda. Tuttavia il sindaco di Roverè, Stefano Marcolini, commenta: «So che il restauro di quella scritta non è stato spinto da alcuna finalità politica o rievocativa. Al contrario, come specificato nella targa, è da leggersi come un monito contro il totalitarismo, testimonianza di un passato che non deve tornare. La storia non va censurata, ma conosciuta per trarne una lezione. Questo è ciò che penso e che l’amministrazione comunale condivide».

Il paese diviso e la riflessione dello storico

Ma ora il paese è diviso. E ci si chiede: le testimonianze del passato hanno un valore intrinseco, benché di segno negativo, e in quanto tali vanno lasciate in vista? O le incrostazioni della dittatura sono da abbandonare all’oblio?

Domanda girata a Federico Melotto, presidente dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea: «Forse la mia risposta stupirà. Io non sono per la cancellazione», anticipa. «Chiariamo: di per sé la scritta non è storia, ma il lascito di un tempo passato. Storia è la contestualizzazione della testimonianza., la spiegazione di cos’è stato il fascismo, di cui quel motto rappresentava esempio di propaganda: l’imposizione a credere, obbedire, combattere con l’annullamento della libertà individuale, per formare schiere di combattenti ubbidienti».

«Non c’è bisogno di fare la morale, ma di contestualizzare. Qual è stata la conseguenza di quel combattere? La tragedia della seconda guerra mondiale. Un cartello, sotto la scritta, che riportasse in modo esauriente questo concetto sarebbe un vero servizio storico. E si potrebbero accompagnare le scolaresche a vedere quel motto sul muro. Senza contestualizzazione», rimarca Melotto, «la scritta si presta a interpretazioni sbagliate. Anche la censura, però, rischierebbe di causare effetti forse peggiori, come le derive nostalgiche; ecco perché non sono per la cancellazione».

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